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NATIVITÀ MISTICA

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La “Natività mistica” è un dipinto realizzato da Sandro Botticelli nel 1501 (unico quadro che riporta la sua firma). Tempera su tela di medie dimensioni (108,5 x 75 cm) è oggi conservato alla National Gallery di Londra. Una lettera di Isabella d’Este, duchessa di Parma e mecenate amante delle arti, definisce quest’opera come l’ultima del pittore fiorentino, frutto della piena maturità dell’artista nato nel 1445.
A confermare la datazione ci viene in aiuto il cartiglio in alto che reca, su tre righe, la seguente scritta in greco: “Questo dipinto, sulla fine dell’anno 1500 (in stile fiorentino, quindi inizi del 1501 dato che il 24 marzo era l’ultimo giorno dell’anno a Firenze), durante i torbidi d’Italia, io, Alessandro, dipinsi nel mezzo tempo dopo il tempo, secondo l’XI di San Giovanni nel secondo dolore dell’Apocalisse, nella liberazione di tre anni e mezzo del Diavolo; poi sarà incatenato nel XII e lo vedremo…[lacuna per abrasione, si suole integrare con ‘precipitato’ o ‘calpestato’ ] come nel presente dipinto.”
Questo messaggio dell’artista permette di semplificare la comprensione dell’opera: l’accenno ai “torbidi” si può collegare alla calata dei francesi in Italia (nel 1494 Carlo VIII di Francia aveva valicato le Alpi con un esercito di trentacinquemila uomini), ai sommovimenti in Firenze dopo la morte del Magnifico o alla campagna di Cesare Borgia che nel 1501 assediava Faenza minacciando la Toscana. Il riferimento al “secondo dolore” del capitolo XI dell’Apocalisse profetizza l’assedio della “città santa per lo spazio di quarantadue mesi da parte dei gentili”; nel XII è previsto che Satana verrà precipitato “sulla terra, e con lui i suoi angeli”.
Nell’opera Botticelli mantiene uno stile austero e rigoroso, inquieto e tormentato, più legato al mondo medievale che rinascimentale, con una composizione volutamente arcaizzante che vede, come nella tradizione antica, l’utilizzo del fondo dorato per il cielo e la Vergine di dimensioni più grandi rispetto a quelle delle altre figure.
Lo schema iconografico è più complesso rispetto a quello tipico delle Natività o delle Adorazioni, dove al centro del quadro è rappresentata la Sacra Famiglia in una stalla circondata da angeli. In questo dipinto, invece, ogni elemento è carico di simbologia, a partire dalle fasce bianche al di sotto di Gesù che indicano la grande cura materna e le aspettative che la Madonna ripone in lui. La grotta rappresenta il ventre di Maria che ha dato alla luce il bambino proteggendolo e permettendo l’incarnazione del Verbo. Come sempre, la sua tunica è di colore rosso e il mantello blu, simboli della sua umanità che è stata avvolta e trasformata dalla trascendenza divina in seguito alla sua accettazione della volontà di Dio. Giuseppe è invece seduto in disparte, di spalle, forse addormentato, ad indicare la sua partecipazione passiva e non centrale durante la nascita di Gesù e, soprattutto, nel suo concepimento.
Come in molte altre Natività, sono rappresentati anche l’asino e il bue nonostante essi non siano menzionati nei Vangeli. Questi animali del focolare domestico, nella tradizione simbolica, rappresentano l’ebraismo e il paganesimo che, come animali ottusi, assistono alla venuta di Cristo senza comprenderla. Il bambino Gesù è al centro della scena, nell’atto di allargare le braccia per essere accolto dalla madre, sineddoche della Chiesa universale e dell’umanità per la quale è sceso dal cielo.
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Sono degni di nota i codici prossemici e cromatici usati nella sacra rappresentazione: a sinistra un angelo vestito di rosa accompagna i tre magi, colore che distingue l’angelo in arcangelo, rappresentando la sua autorità sugli altri spiriti purissimi che lo circondano (il rosa è il colore della forza, dell’amore, dell’energia e del bene assoluto); a destra un angelo vestito di bianco, simbolo di purezza, indica il bambino a due pastori, i primi a ricevere l’annuncio della nascita del Re dei Re. Entrambi gli angeli tengono in mano rami di ulivo, simbolo della pace che il bimbo divino è venuto a portare agli uomini di buona volontà.
Sulla grotta ci sono tre angeli che rappresentano le virtù teologali: il bianco per la Fede, il rosso per la Carità e il verde per la Speranza. Essi reggono un libro, probabilmente l’Apocalisse di Giovanni, perché in questo libro la venuta di Cristo è un modo simbolico per alludere alla sua seconda venuta, ovvero alla “Parusia”, il tempo in cui il mondo finirà e Dio darà all’umanità nuovi cieli e terra.
In primo piano, tre angeli abbracciano tre personaggi con teste ornate di alloro, come uomini letterati che incontrano la virtù, dando origine alla conciliazione finale tra l’umanità e Dio. I piccoli diavoletti che sprofondano nelle fessure della terra create dai loro stessi forconi alludono alla definitiva cacciata del Male, travolto dalla sfolgorante bellezza dell’eterna felicità di cui la natività diventa lieta anticipazione.
In alto, su uno sfondo dorato, ci sono dodici angeli annuncianti il giudizio universale. Come in tutte le rappresentazioni della Natività si allude ad un momento successivo della vita di Cristo, normalmente la Passione, in questo caso l’Apocalisse. Il cerchio degli angeli è allegoria della danza della vita, simbolo di continua e perenne rigenerazione spirituale.
La capanna è circondata da un boschetto in cui gli alberi abbracciano con una linea circolare la Sacra Famiglia, evocando l’idea di protezione e l'”hortus conclusus” simbolo della perenne verginità della madre di Cristo.
Dunque è possibile individuare tre registri in cui è organizzata l’opera: quello superiore trascendente e divino, quello centrale umano in cui però si innesta la divinità e quello sotterraneo ultraterreno ma malefico, destinato ad essere sconfitto.
La “Natività mistica” è un quadro complesso, in cui appare un Botticelli legato più agli aspetti spirituali che a quelli della tecnica prospettica del Quattrocento, rappresentando un mondo che va oltre la realtà terrena.
Consiglio vivamente di ammirare quest’opera nella sala 58 della National Gallery, a fianco di altri due capolavori del Botticelli, quali le due Adorazioni dei Magi, di cui una dipinta a quattro mani con Filippino Lippi.
Roberto Vitale
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